Una storia che torna alla mia infanzia, quando Attilio, Delmo o Tullia erano nomi diffusi; quando la quotidianità era fatta di anticrittogamici, inseminazione artificiale dei bovini, erpici rotanti ed essiccatori per la soia.
Il protagonista del racconto, proiettato dalla campagna in città, rinchiuso in un ascensore con gente molto diversa da lui, come se la caverà?
Il racconto, il primo da quando sono membro effettivo del collettivo di scrittura, è stato pubblicato su Spazinclusi.
Gliela faccio breve, signor Attilio, perché lei è un uomo di mondo e lo sa bene come girano le cose. Ero andato in città per il patentino. Da quando è morta la Tullia, e alla rivendita si è messo il figlio, lo sa anche lei, è un disastro. Il Delmo è un bravo ragazzo, per carità, ma troppo ligio. Senza patentino, dice, gli anticrittogamici non li vendo, e così devo sempre mandare qualcun altro, far finta che la roba è per l’azienda del vicino, inventarmi scuse su scuse, e alla fine mi sono scocciato. Per questo ero sceso in città