Autopsia letteraria: Il minotauro di Benjamin Tammuz

Ispezione esterna

I romanzieri israeliani riescono spesso a stupire grazie a strutture poco convenzionali.
Benjamin Tammuz non fa eccezione. Nato in Unione Sovietica nel 1919, emigrato in Palestina nel 1924, è stato pittore, scultore, giornalista e appassionato di musica, oltre che scrittore. Laureato in storia dell’arte alla Sorbona, fu writer-in-residence a Oxford e morì di cancro nel 1989.Copertina de Il minotauro
Il Minotauro, uscito nel 1980, edito in Italia nel 1997 da E/O, è un libro che parla di un agente segreto, ma non è un libro di spionaggio. È un libro che racconta un amore, ma lo racconta come un libro di spionaggio.
La narrazione torna sulle stesse scene più volte, le approfondisce via via, secondo una metafora citata espressamente da Tammuz nell’opera, quella della musica che lavora per cerchi concentrici: il primo apre il varco della percezione; il secondo evidenzia il discorso (per simboli); mentre il terzo conduce nel luogo segreto, quello a cui il compositore fornisce accesso soltanto a chi riesce a entrarvi con le proprie forze.
La trama in una riga: un agente segreto vede sull’autobus una ragazza, Thea, e se ne innamora. Scopre la sua identità e le scrive lettere d’amore, senza rivelare la propria identità. Anche Thea si innamora di lui.

Un tale, che era un agente segreto, parcheggiò in una piazza bagnata dalla pioggia

Dissezione

La narrazione è in terza persona singolare, il passato remoto è il tempo principale. La struttura del romanzo si compie, come detto, per cerchi concentrici.

Schema de Il minotauro

Nella prima parte, intitolata L’agente segreto, si racconta (in 29 pagine divise in 21 rapidi capitoli) il colpo di fulmine dell’agente segreto, detto semplicemente lo Sconosciuto, per Thea. La narrazione è incisiva e puntuale, intervallata da alcuni estratti del lungo scambio epistolare fra lo Sconosciuto e Thea. Lei, nel frattempo, incontra due spasimanti: prima G.R. e poi l’ospite spagnolo. Alla fine della prima parte sono molti gli interrogativi che sono stati aperti, mentre pochi hanno trovato compimento.

Circa quattro anni dopo che l’agente segreto aveva incontrato Thea, G.R. la chiese in moglie

G.R., la seconda parte (26 pagine, 6 capitoli) si apre quando questi, pretendente inglese di Thea, ha solo dodici anni. La narrazione ne segue la giovinezza tormentata, gli accadimenti nel collegio di Eton, la carriera, l’innamoramento per Thea, l’incontro con lo Sconosciuto. Questa seconda parte si chiude abbastanza presto.

 Allo stesso tempo pensò che in realtà non esisteva, forse, un regalo in grado di fare impazzire Thea. La calma superiorità di Thea, forse, era il regalo che lui aveva appena ricevuto

Nella terza parte (27 pagine, 8 capitoli), intitolata Nikos Trianda, il protagonista è questo ragazzo greco, la cui vita, profonda e interessante, viene raccontata dalla nascita, prosegue nell’ambiente famigliare, nello studio, si cita l’incontro con un agente segreto a Gerusalemme, e poi il conferimento di una cattedra in Spagna, dov’è ospite, fino all’incontro con Thea. Questa terza parte è l’occasione per introdurre la “questione mediterranea”, e lo fa con la leggerezza della tavola: hummus, olive e fave, agnello arrosto, riso nella figlia di vite.
Questa parte si chiude leggermente più in là rispetto alla fine della storia per come è stata è abbozzata nella prima parte, un poco più in là.

E mentre ricordava il sole della sua infanzia, chiuse gli occhi e invocò gli spiriti di far apparire davanti a lui, come per magia, l’immagine della ragazza destinata a lui, l’erede di Era dalle bianche braccia; di Astarte madre delle ierodule dei suoi templi; di Shahrazad la favorita, la più fragile fra le donne e la più astuta; di Salomè che si è spogliata dei suoi veli e non li indosserà più, profumata come mirra che si effonde; di Leila la sonnambula, il cui spirito aleggiava sulle acque del fiume

La quarta parte (90 pagine, 29 capitoli) è intitolata e dedicata ad Aleksandr Abramov. Inizia ben prima della sua nascita: narra la vita di suo padre, l’innamoramento per una musicista molto più giovane, l’arrivo in Palestina e la nascita di Aleksandr. E a quel punto si sposta su questi: la determinata giovinezza, gli studi di agraria e poi di ingegneria, la seconda guerra mondiale, la vita militare, gli affari, l’intelligence, l’incontro con Nikos Trianda, le missioni, l’autobus con a bordo Thea, le lettere, l’incontro con G.R. e avanti fino a superare la conclusione della prima e della terza parte, verso quel finale che fornisce il nome al romanzo. E in questa parte, mentre si tirano le fila della vicenda, Tammuz torna e approfondisce la “questione mediterranea”, il filo rosso che unisce i popoli del mare nostrum, a cominciare dagli occhi, dalla pelle, e dalla tavola imbandita.

In occhi come questi si imbatte l’uomo che insegue una lepre nell’oscurità dell’orto, ma quando la raggiunge e questa gli volge la testa, ecco non è una lepre ma un giovane leone

Indagine istologica

La variabilità di “registri tecnici” è notevole: da Picasso alle tecniche di omicidio, da Luis de Góngora alle selezioni psicologiche per i servizi segreti, da Segantini a Kafka. Il tutto frutto, probabilmente, della variegata esistenza dell’autore, critico letterario per l’Haaretz, ma con un passato che in molti hanno sospettato “operativo”.

Minotauromachia di Picasso

Richard Mortel, CC BY 2.0

Abbiamo già visto che esistono ponti fra balistica e letteratura, e quale luogo migliore del medioriente per dimostrare questa tesi. A cinque pagine dalla conclusione del romanzo, Aleksandr osserva Thea da un locale pubblico. Porta con sé una pistola dotata di silenziatore e l’autore lo fa riflettere.

Si ricordò di quello che aveva detto Cechov a proposito delle pistole cariche

E riflettendo Aleksandr giunge a questa amara conclusione:

Bene, caro Anton Pavlovič, ho una novità da comunicarti: una pistola può comparire in scena al primo atto e sparare un colpo a vuoto; e poi, negli altri atti, non sparare affatto, e l’opera sarà degna di essere rappresentata, una tragicommedia perfetta

Gerusalemme

Simone Baldini, CC BY-NC-ND 2.0

Valutazione finale

La forza di questo romanzo è duplice.

Innanzitutto nell’intensità di ogni elemento; che sia amore, oppure azione, ma anche arte o geopolitica, viene affrontato in maniera “laterale” e mai scontata, con uno sguardo da fiera (la bestia, non il “luna park”), con un impulso lungo abbastanza da abbattere le indecisioni.

E poi nel modo in cui viene approfondito il mistero stesso del romanzo, il quale, come detto, vuole essere disvelato in cerchi concentrici. La trama del romanzo è già stata completamente rivelata ed esposta già a pagina trenta, ma in modo incompleto: verrà più volte ripresa, ampliata, arricchita, seguendo una spirale che dalla superficie della storia scava: nei personaggi, nelle storie, nella storia.

E ciò che resta alla fine è senza alcun dubbio una creatura pericolosa e mitologica.

L’autopsia di un cadavere non è una recensione. Ispezionare l’interiorità di un libro: per la comprensione dei meccanismi organici, la mimesi della finzione.