Hai letto Un pagherò?
Hai notato nulla di strano?
La soluzione è semplice: il racconto è scritto tutto al futuro. Non c’è nemmeno un tempo (finito) passato o presente.
Se te ne sei accorta o accorto, complimenti! Altrimenti non ti allarmare, è normale. Il fatto è che in realtà la storia, usando un solo tempo verbale, riesce comunque a muoversi su ben quattro piani temporali distinti (passato, presente e due futuri); per questo non è semplice accorgersene. Vediamo come.
Il futuro semplice (1) rappresenta eventi che non sono ancora accaduti:
Andrò al mare
Esistono però altri modi di usare il futuro semplice, come ad esempio:
- Dubitativo: Non crederai che…
- Normativo: I reperti saranno depositati presso gli uffici competenti a cura delle parti.
- Ordinativo: Metterai subito a posto la stanza!
- Concessivo: Sarà alto dieci metri.
Questi utilizzi del futuro semplice collocano gli eventi nel tempo presente (2).
Il futuro anteriore (3) descrive eventi futuri in relazione ad altri eventi futuri:
Quando andrai alle superiori io avrò già finito l’università
Di nuovo, si può avere un utilizzo:
- Dubitativo: Non avrai creduto che…
- Normativo: I reperti saranno stati depositati presso gli uffici competenti prima della sentenza.
- Ordinativo: Quando tornerò avrai messo a posto la stanza!
- Concessivo: Sarà stato alto dieci metri.
Questi utilizzi del futuro anteriore sistemano gli eventi addirittura nel passato (4). Ed ecco così che abbiamo i quattro piani temporali di cui parlavamo.
Il futuro ha altre due particolarità che meritano di essere citate.
Esiste una sola forma di nominalizzazione del futuro: il pagherò (sostantivo maschile). Da cui il titolo.
E: in latino esisteva anche il participio futuro, del quale ci sono alcuni piccoli residui nella lingua italiana: morituro, nascituro e simili, oltre che (dal verbo essere) la parola futuro.
Ti vengono in mente altri modi per usare il tempo futuro? Scrivimi.
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